PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA
Consiglio di lettura Marzo 2018
P. Watzlawick, J. Helmick Beavin, D. D. Jackson
Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma
«E’ possibile pensare che i rapporti interattivi tra individui siano determinati essenzialmente dai tipi di comunicazione che essi adoperano tra loro? Due tesi sono centrali in questo libro: 1) il comportamento patologico (nevrosi, psicosi e in genere le psicopatologie) non esiste nell’individuo isolato ma è soltanto un tipo di interazione patologica tra individui; 2) è possibile, studiando la comunicazione, individuare delle ‘patologie della comunicazione’ e dimostrare che sono esse a produrre le interazioni patologiche. Può capitare a un individuo di trovarsi sottoposto a due ordini contradditori, convogliati attraverso lo stesso messaggio, un messaggio ‘paradossale’, che chiamiamo patologico. Se la persona non può svincolarsi da questo ‘doppio legame’ la sua risposta sarà un comportamento interattivo patologico chiamato ‘follia’.»
La trama del libro sopra esposta, riportata nella sovraccoperta dell’edizione del 2008, potrebbe lasciare smarriti ed allontanare un lettore non interessato a branche di studio quali la psicologia, la psichiatria e la comunicazione umana, nella sua versione più scientifica. Potrebbe insorgere rapidamente il dubbio su quale sia il nesso tra il benessere, lo Yoga ed il tema trattato da Watzlawick e dai suoi colleghi. Bisogna avventurarsi tra le pagine del testo ed inoltrarsi in questo viaggio per apprezzarne la grandezza e l’importanza che può avere anche per una persona comune, con un’attività lavorativa normale e con una vita equilibrata. Si tratta infatti proprio di un viaggio, la lettura di questo testo, soprattutto per chi, come me, curiosamente spazia in più contesti, alla ricerca di tasselli che possano dare un’immagine sempre più completa ed accattivante dell’universo che siamo. E’ questo lo Yoga, per la sottoscritta. Ovunque si sente parlare della parte teorica, si trovano corsi di formazione, blog, testi e rimandi alla trattazione dei chakra, dei dosha e di un sistema che non riesce ad appartenere all’occidentale. Sebbene ritenga che questo studio sia assolutamente interessante e funzionale, per nutrire la propria consapevolezza e crescere, nell’ascolto, verso un benessere maggiore, lo ritengo essere ancora troppo distante dalla pratica quotidiana di uno stile di vita che possa davvero essere chiamato ‘sano’. Saturo è inoltre il mondo dello Yoga legato alle posizioni, alla flessibilità del corpo e alla bellezza che ne deriva. Ed anche di questo mondo faccio parte, ma esso non è che un piccolissimo tassello, che non va sovrastimato, sovrapponendolo al vero obiettivo che si deve avere, se si intende percorrere una via di pulizia dall’io, sovraccarico di strutture e di ruoli che noi stessi abbiamo creato. Quale potrebbe essere, allora, la via più appropriata per crescere? Ritengo di poter consigliare la molteplicità degli studi, associata ad un approccio diverso, oggettivo e distaccato, agli accadimenti e alle persone. Così facendo ci si porta su nuovi binari che ci inducono a superare i limiti che noi stessi, inconsciamente, ci imponiamo.
Uscire dall’essere Emanuela Bellone mi ha permesso di lavorare con i miei allievi in maniera più pulita ed aperta, tuffandomi nel loro universo e trovando così il loro punto di vista, unica via di inizio per cercare di alimentarne il superamento. Subito ne deriva un grande senso di leggerezza, ma la riuscita in una tale pratica, per chi ci si inoltra da neofita, è assai complessa. Ma torniamo al testo, il cui tema è la comunicazione e le relazione che si intesse tra gli individui, siano essi membri di una stessa famiglia oppure legati da condizioni lavorative, familiari, casuali. Che importanza ha la comunicazione per il nostro quotidiano? Esso è il fondamento, il seme ed il frutto, la base ed il risultato della rete che si crea tra gli individui, e da cui deriva la posizione in cui ci troviamo, relativamente ai contesti che viviamo. Lo comprendiamo con un semplice esempio: andiamo a prendere il pane in un nuovo negozio, di cui non conosciamo nessuno e di cui non abbiamo sentito parlare. Entriamo con l’umore già influenzato dagli accadimenti precedenti, oppure da quello che dovrebbe succederci, in un futuro più o meno lontano. Bastano una sola parola positiva, un tono a noi congeniale, un sorriso ed un atteggiamento di apertura, e la conquista è avvenuta. Il gradimento iniziale che proviamo in una tale situazione è molto importante, può aprire una rete relazionale oppure, in caso negativo, indurre ad una scelta di esclusione del negozio da parte dell’acquirente. Ma siamo davvero sicuri di essere stati oggettivi nella valutazione del commesso? È possibile che in pochissimi minuti si possa dare un giudizio sufficiente per poterci davvero indurre alla scelta di aprire o meno una via di dialogo? In questo semplice esempio ovviamente si può affermare che l’acquisto del pane non sia così strettamente legato ad un buon dialogo con il negoziante, però, con una discreta osservazione del quotidiano, ci rendiamo conto che anche questi piccolissimi momenti hanno un’incidenza sulle nostre decisioni e i nostri atteggiamenti. Inoltre la scelta della panetteria, spesso, non è associata solo alla qualità del prodotto.
«… ogni comunicazione implica un impegno e perciò definisce la relazione. È un altro modo per dire che una comunicazione non soltanto trasmette informazione, ma al tempo stesso impone un comportamento.»
Cit. 2.31, pag 43, Pragmatica della comunicazione umana, P. Watzlawick, J. H. Beavin, Don D. Jackson, casa Editrice Astrolabio, Ubaldini Editore, 2008, Roma
Durante l’eventuale secondo incontro con il commesso saremo influenzati dall’approccio precedente, anche se avvenuto con dialoghi minimi. Infatti un incontro viene caratterizzato dalla comunicazione verbale ma anche da espressioni, movimenti e gesti, ovvero dalla metacomunicazione. Risulta impossibile non comunicare e rimanere completamente neutri di fronte ad un individuo e ad una situazione, poiché anche la mancanza di espressioni o il totale silenzio sarebbero interpretabili, e quindi equivarrebbero ad un atteggiamento, ad una comunicazione non verbale, ad una meta comunicazione, appunto. Andremo ancora in quella panetteria? E se decidessimo di tornare, quanto saremmo influenzati dal nostro giudizio sul commesso? Quanto invece dalla qualità del prodotto? Ritengo che questo potrebbe essere un semplice ed ottimo esercizio per iniziare a lavorare su di uno sviluppo delle capacità di osservazione e di valutazione di quanto gli altri e le situazioni siano effettivamente come le abbiamo classificate.
«… la realtà non è qualcosa di oggettivo, inevitabile, ‘là fuori’, che ha per la nostra sopravvivenza un significato benevolo o sinistro, ma che la realtà è costituita dall’esperienza soggettiva che ci facciamo dell’esistenza, dalle nostre intenzioni e dai nostri scopi – la realtà è il nostro modellare qualcosa che probabilmente l’uomo non è in grado di sottoporre a nessuna verifica oggettiva.»
Cit. 8.61, pag 254, Pragmatica della comunicazione umana, P. Watzlawick, J. H. Beavin, Don D. Jackson, casa Editrice Astrolabio, Ubaldini Editore, 2008, Roma
La nostra vita è un complesso sistema di scelte e costruzioni, di cui noi siamo gli artefici, molto spesso inconsapevoli ed ignari delle nostre capacità e potenzialità. Acquisirne la consapevolezza aiuta ad alimentare la forza di reazione, così da aiutarci a trasformare la nostra esistenza in un’opera d’arte.